Sommerso: il peso della concorrenza sleale sulle piccole imprese e sull’artigianato

Il fenomeno del sommerso rappresenta, in Italia, una delle principali cause della formidabile pressione fiscale cui le imprese regolari sono sottoposte. Contemporaneamente -e, solo in apparenza, paradossalmente – la continua crescita del numero di imprese irregolari (abusive) è in parte alimentata dalla pesante pressione fiscale, che tende ad espellere dall’economia “emersa” le imprese marginali, sulle quali fisco e burocrazia hanno un effetto talvolta letale.

Si tratta di un meccanismo che, una volta avviato, si autoalimenta e solo attraverso complesse azioni congiunte, incentivanti e repressive, si può pensare di arginare.

Al momento in Italia si stima che il valore economico del sommerso sfiori il 20% del PIL  totale e che, negli ultimi 5 anni, mentre i lavoratori “indipendenti irregolari” sono cresciuti del 2,2%, quelli regolari sono diminuiti del 5,9%.

Le tipologie di lavoratori che operano in regime di concorrenza sleale sono, sostanzialmente,  queste:

  • pensionati da 50 a 60 anni e pensionati con divieto di cumulo
  • adulti inattivi e disoccupati
  • inattivi e disoccupati stranieri
  • lavoratori in Cassa Integrazione
  • beneficiari di sussidi (disoccupazione agricola, reddito di cittadinanza, ecc….)
  • occupati soggetti a vincoli (dipendenti pubblici)

Bisogna dire che non esisterebbero i lavoratori abusivi se non ci fossero dei cittadini-consumatori interessati ai loro prodotti e servizi: sono spesso convinti di risparmiare qualcosa sul conto finale e perciò disposti a soprassedere sulle garanzie legali sui beni acquistati o sui servizi ricevuti, che ovviamente in caso di necessità non potranno essere fatte valere, sulla sicurezza, visto che i lavoratori abusivi, non essendo soggetti ai controlli da parte delle autorità preposte, lavorano nella quasi totalità dei casi in condizioni di massima precarietà; e, dulcis in fundo disposti a farsi complici del fatto che l’economia generata da quell’operazione, sottratta alle imposizioni fiscali, aumenterà il peso di tutte le altre operazioni dell’economia emersa.

 E’ dunque opportuno e urgente che si prendano provvedimenti per creare una condizione di maggior favore per la nascita e lo sviluppo di imprese sane e per la permanenza sul mercato di tutte le imprese esistenti. Questo può avvenire solo attraverso la diminuzione del peso della fiscalità generale su imprese e lavoratori (senza fare il gioco delle tre carte dello spostamento dell’imposizione da un livello statale a quello locale) e intervenendo in maniera radicale e convinta sulla burocrazia soffocante che a ogni livello territoriale e gerarchico della macchina amministrativa sperpera risorse economiche e dilapida patrimoni di entusiasmo e voglia di fare intrapresa. E coinvolgendo nella responsabilità dei comportamenti distorsivi della libera concorrenza anche gli stessi consumatori, che potrebbero essere spinti a rivolgersi  in misura maggiore alle imprese regolari concedendo cospicui incentivi fiscali, sull’esempio  delle ristrutturazioni edili e dell’efficientamento energetico.

Accanto alla politica di facilitazione e incentivazione, che può favorire la nascita e lo sviluppo delle imprese (e, dunque, l’emersione di quelle abusive, che subiranno una spinta minore a rifugiarsi nel sommerso), è tuttavia necessario che gli Enti preposti ai controlli intervengano dimostrando che scelgono di stare al fianco delle imprese regolari e che, pertanto, sono pronti ad esercitare dei controlli severi anche sulle imprese irregolari.

Scelgano, cioè, di non concentrare le loro attività di controllo unicamente sulle imprese che lavorano con le porte aperte, le insegne accese e l’indirizzo noto a tutti perché risultante a tutte le decine di Uffici Pubblici che pretendono carte in regola e tasse pagate; ma che studino nuovi sistemi per arrivare a sanzionare la furbizia di chi ufficialmente non esiste e che continua a seminare danni in tutto il tessuto economico che lo circonda.

 

pps