Decreto dignità: meno flessibilità e più restrizioni per i contratti a termine

Il 12 luglio è stato approvato il Decreto Legge c.d. “Decreto dignità”. Al netto degli articoli che si occupano di pubblicità sul gioco d’azzardo, delocalizzazione delle imprese e altri argomenti contenuti nell’articolato, ci occuperemo qui del suo contenuto in materia di contratti di lavoro a termine. Diciamo subito che, rispetto alla precedente disciplina, il Decreto Legge approvato contiene delle regole che sono state concepite per rendere meno conveniente l’utilizzo dei contratti a tempo determinato e cercare di favorire la nascita di rapporti di lavoro a tempo indeterminato.

Vediamo le principali modifiche apportate.

La durata massima, sia in caso di singolo rapporto che di somma di rinnovi successivi, è ridotta da 36 mesi a 24 mesi.

All’interno di questo periodo massimo di 24 mesi, è possibile stipulare il primo contratto a termine senza causale per una durata fino a 12 mesi. Oltre i 12 mesi – e sempre fino al limite massimo dei 24 mesi- deve essere sempre espressamente indicata almeno una delle causali previste dalla legge, e cioè:

  • esigenze temporanee e oggettive, estranee all’ordinaria attività;
  • esigenze sostitutive di altri lavoratori;
  • esigenze connesse a incrementi temporanei, significativi e non programmabili dell’attività ordinaria.

Fatta salva la durata complessiva, che non può mai superare i 24 mesi, se dopo un primo contratto vi è un rinnovo che supera i primi 12 mesi, questo è subordinato all’indicazione di una delle causali previste.

Ogni rinnovo prevede una maggiorazione dello 0,5% del contributo addizionale per i contratti a termine, che è pari all’1,4%, già in vigore dal 2012.

Il decreto prevede che, entro la durata complessiva del contratto, vi possano essere fino a un massimo di 4 proroghe (prima erano 5); ciò significa che con la nuova disciplina, alla quinta proroga il contratto si trasforma a tempo indeterminato.

Per le attività stagionali il decreto non prevede l’indicazione della causale, anche oltre i 24 mesi di durata complessiva.

Il termine per l‘impugnazione del contratto da parte del lavoratore passa dai 120 giorni a 180 giorni.

Il decreto prevede che le nuove regole si applicano:

  • ai contrati stipulati successivamente all’entrata in vigore del decreto legge,
  • ai contratti già vigenti ma rinnovati o prorogati successivamente al 31 ottobre 2018.

 

L’articolo 2-bis introduce una serie di modifiche alla disciplina delle prestazioni occasionali, attualmente contenuta nell’art. 54-bis del D.L. n. 50/2017.

Si tratta di modifiche che intervengono principalmente sugli aspetti procedurali per l’attivazione del contratto di prestazione occasionale e che ampliano la possibilità di ricorrere a tali prestazioni solo per alcune tipologie di imprese operanti nel turismo e comunque solo ricorrendo determinate condizioni.

In particolare:

>   si prevede che ai fini del computo del limite dei compensi per ciascun utilizzatore con riferimento alla totalità dei prestatori (5.000 euro nel corso di un anno civile), i compensi per prestazioni di lavoro occasionale rese da determinati soggetti (titolari di pensione di vecchiaia o di invalidità; giovani con meno di 25 anni di età; persone disoccupate; percettori di prestazioni integrative del salario, di reddito di inclusione (REI) ovvero di altre prestazioni di sostegno del reddito) sono considerati nella misura del 75% del loro importo, purché i prestatori autocertifichino la propria condizione all’atto della registrazione presso la piattaforma informatica INPS;

>    nel settore agricolo, si introduce l’obbligo per il prestatore di autocertificare la non iscrizione, nell’anno precedente, negli elenchi anagrafici dei lavoratori agricoli;

>    si estende alle aziende alberghiere e alle strutture ricettive che operano nel settore del turismo e che hanno alle proprie dipendenze fino a 8 lavoratori (il limite generale fissato dall’articolo 54-bis è di 5 lavoratori a tempo indeterminato) la possibilità di ricorrere al contratto di prestazione occasionale, a condizione che le prestazioni siano rese dai soggetti svantaggiati sopra richiamati (titolari di pensione di vecchiaia o di invalidità; giovani con meno di 25 anni, ecc.);

>    si dispone che ciascun utilizzatore possa versare le somme dovute per l’attivazione del contratto di prestazione occasionale anche attraverso un intermediario di cui alla legge n. 12/1979;

>    viene ampliato il novero dei soggetti che sono tenuti a comunicare la data di inizio e il monte orario complessivo presunto, comprendendovi non solo l’imprenditore agricolo (come attualmente previsto), ma anche le aziende alberghiere o le strutture ricettive operanti nel turismo, nonché gli enti locali. Viene altresì specificato che per detti soggetti l’arco temporale di riferimento della durata della prestazione non deve essere superiore a 10 giorni;

>    si prevede che, su richiesta del prestatore (espressa al momento della registrazione sulla piattaforma informatica e con oneri a suo carico) in luogo delle modalità attualmente previste, il pagamento del compenso possa essere effettuato, decorsi 15 giorni dal consolidamento della prestazione lavorativa inserita nella procedura informatica, per il tramite di qualsiasi sportello postale, a fronte della presentazione di apposito mandato o autorizzazione di pagamento emesso dalla piattaforma INPS e stampato dall’utilizzatore;

>    per l’imprenditore agricolo viene esclusa l’applicazione della sanzione prevista in caso di violazione accertata di uno dei divieti di ricorso al contratto di prestazione occasionale, nel caso in cui la suddetta violazione derivi da informazioni incomplete o non veritiere contenute nelle autocertificazioni rese dai soggetti svantaggiati sopra citati.

Il decreto legge detta anche nuove regole che disciplinano l’indennità risarcitoria in caso di licenziamento illegittimo, che, per le imprese con più di 15 dipendenti saranno commisurate all’anzianità del lavoratore in misura non inferiore alle 3 mensilità e non superiore alle 27 mensilità.

Per le imprese fino a 15 dipendenti l’indennità risarcitoria in caso di licenziamento illegittimo è calcolata dimezzando gli importi previsti per le imprese oltre i 15 dipendenti, con un minimo di 1,5 mensilità e un massimo di 6.

In tema di rinnovo, infine, è prevista l’esclusione del lavoro domestico dall’applicazione della maggiorazione dello 0,5% del contributo addizionale dell’1,4% previsto dalla legge n. 92/2012 per i contratti a tempo determinato.

Si evidenzia fin da ora la necessità che il provvedimento sia urgentemente accompagnato da disposizioni interpretative e applicative, soprattutto rispetto ad alcuni aspetti ( quali, ad esempio, le modifiche apportate alla somministrazione a tempo determinato), di incerta interpretazione. Proprio per questo abbiamo informalmente contattato il Ministero del lavoro evidenziando le prime difficoltà interpretative e sollecitando l’emanazione di una specifica circolare.

Il decreto prevede anche l’esonero parziale (il 50%) dal pagamento dei contributi previdenziali per l’assunzione a tempo indeterminato di giovani al di sotto di 35 anni per un periodo massimo di 36 mesi e per un limite massimo annuo di 3.000€. Per illustrare gli effetti di questa norma occorrerà attendere l’apposito decreto interministeriale che dovrà armonizzare i suoi effetti con la previgente normativa che già prevedeva simili agevolazioni per assunzioni a tempo indeterminato.