CORONAVIRUS-IMPRESE: in Sardegna il 46% delle attività produttive sono chiuse per Decreto

In Sardegna il 46% delle attività produttive (52mila) sono chiuse per Decreto: 26mila sono artigiane. Senza lavoro 126 mila addetti in attesa della ripresa e del sostegno dello Stato.
“Bomba sociale” che interessa 100mila famiglie e 300mila persone. Matzutzi (Presidente Confartigianato): “Aiutateci a tenere acceso il motore delle imprese e a ripartire subito”. Le proposte per uscire dalla crisi: incentivi e liquidità alle imprese e più soldi per i cittadini.
Supera il 46% la percentuale delle imprese sarde di tutti i settori chiuse per
Decreto, circa 52mila attività che hanno lasciato a casa oltre 126mila tra addetti e dipendenti. Tra i settori colpiti dal blocco, c’è l’artigianato con oltre 26mila imprese (circa il 70% del settore) e circa 70mila lavoratori; a questo numero ufficiale bisogna aggiungere quelle che stanno svolgendo l’attività in modo parziale o ridotto, quelle che hanno deciso di chiudere per l’impossibilità di reperire sistemi di protezione individuali o di mantenere il “distanziamento sociale”, quelle senza richieste di prodotto o servizio e
quelle che hanno difficoltà a reperire materie prime, semilavorati o ricambi. Tutte chiuse anche le 22.378 imprese edili, di cui il 58,1% artigiane (13.011 realtà), che impiegano oltre 40mila addetti.

Una “bomba sociale” che interessa almeno 100mila famiglie sarde e oltre 300mila persone in attesa del sostegno statale o degli Enti bilaterali delle attività produttive.
Le stime sono dell’Ufficio Studi di Confartigianato Imprese Sardegna, che ha analizzato la situazione sulla base dei codici ATECO inseriti nei Decreti e negli aggiornamenti che si sono seguiti dall’11 marzo in poi.
Tutte le imprese, soprattutto quelle artigiane obbligate a stare chiuse, stanno pagando un prezzo altissimo alla crisi – commenta Antonio Matzutzi, Presidente di Confartigianato Imprese Sardegna – e le piccole attività che ancora possono lavorare stanno dimostrando ancora una volta il loro grande senso civico facendo il loro dovere e la loro parte. Abbiamo condiviso la necessità di limitare alle attività essenziali la
possibilità di lavorare, consapevoli dell’impatto economico ma con la convinzione che la responsabilità sociale che ci caratterizza ci obbligasse a scelte dolorose ma utili per il Paese”. “E’ giusto tutelare i lavoratori – sottolinea il Presidente – ma occorre pensare ai tantissimi piccoli imprenditori che in questo momento non hanno nessuna forma di
assistenza se non quella del proprio lavoro quando non sono obbligati a chiudere per norma o per mercato. I nostri imprenditori in questo momento non vogliono lavorare per speculazione, ma per la sussistenza. In un territorio fatto prevalentemente di piccole imprese garantire la tenuta possibile del sistema economico è condizione anche per la coesione sociale”.

“Chi è favorevole a chiusure totali e ipotizza blocchi del lavoro –
ammonisce Matzutzi – è bene che tenga ben presente che vi sono soggetti che non sono garantiti e che hanno già dimostrato di essere il principale ammortizzatore sociale ed economico nei momenti più critici del nostro territorio, essendo portatori di quei valori che legano strettamente imprese, persone famiglie e comunità”.
Le imprese artigiane chiuse in Sardegna Tra le imprese artigiane chiuse i settori maggiormente colpiti sono: l’edilizia (esclusi gli installatori di impianti che possono operare) con circa 13mila aziende chiuse,
seguite dal comparto del benessere 2.900, dalla metalmeccanica con 2.000, la moda 300, il legno/arredo con 1.500 e l’artistico allargato con 7.000 attività chiuse.
Sul fronte degli addetti artigiani che restano senza lavoro, in totale in regione, le aziende artigiane lasciano a casa oltre 68mila persone tra dipendenti, titolari, soci e collaboratori familiari. In questo caso il settore più coinvolto in termini assoluti è sempre l’edilizia con oltre 35mila persone, il benessere con 7mila, metalmeccanica 5mila, moda 800, legno/arredo con 4mila e 16mila quelli che operano nell’artistico allargato.

Le imprese artigiane aperte e in “prima linea” in Sardegna.
Sotto la plancia della nave Sardegna e Italia, in ogni caso, vi sono attività che tengono viva l’Isola, come il resto del Paese durante il lockdown e nelle quali vi è una elevata presenza di micro e piccole imprese.
L’autotrasporto garantisce la logistica delle merci, rifornendo il commercio
alimentare e la grande distribuzione, mentre l’autoriparazione provvede agli interventi di emergenza sui mezzi. La sanificazione degli ambienti di lavoro è affidata alle imprese delle pulizie e disinfestazione. Le imprese dell’alimentare garantiscono la panificazione e la produzione di beni essenziali per l’alimentazione. Per un guasto agli impianti, per
l’adeguamento della connettività e dei sistemi di rete e wirless di case e aziende possiamo affidarci alle imprese dell’impiantistica elettrica, elettronica e termoidraulica, essenziali anche per l’assistenza alle strutture ospedaliere e per la predisposizione in corso dei nuovi reparti di terapia intensiva. Per manutenzione dei capi di abbigliamento sono a disposizione imprese di lavanderia e pulitura. La limitata circolazione delle persone, ma spesso dettata da cause di urgenza e di emergenza, come nel caso del trasporto dei medici, è garantita da taxi e imprese di noleggio autovetture
con conducente. Attività di smart working e funzionalità dei nostri devices,
indispensabili per garantire la limitata socialità di queste settimane è garantita dalle imprese di riparazione di computer e apparecchiature per le comunicazioni.
In tutti questi comparti in prima linea nella battaglia contro il Covid-19 operano le imprese artigiane. In Sardegna sono 10.307 le imprese artigiane aperte e che mandano avanti l’economia sarda, il 29,6 del totale del comparto che conta 34.766 aziende. 1.455 sono quelle alimentari, 2.981 dell’installazione impianti, 2.375 della manutenzione autoveicoli, 643 del trasporto persone, 1488 del trasporto merci, 109 delle attività di supporto ai trasporti, 701 le imprese di pulizia e disinfestazione, 231 di riparazione di pc e sistemi informatici, 292 della lavanderia, 31delle onoranze funebri e
servizi connessi.

Il sostegno alle imprese artigiane chiuse e ai loro dipendenti.
Le imprese artigiane in questo periodo di grande difficoltà possono accedere agli ammortizzatori sociali garantiti dai recenti decreti attraverso il Fondo FSBA, un Fondo nazionale costituito ormai 4 anni fa ad iniziativa delle organizzazioni di rappresentanza dell’Artigianato e dai sindacati di categoria: nei casi, oggi troppo frequenti, di sospensione totale o parziale dell’attività d’impresa, per motivi legati all’emergenza sanitaria le imprese possono contare su FSBA, un fondo nazionale al quale la normativa
ha affidato il compito di garantire gli ammortizzatori sociali alle imprese in difficoltà per via dell’emergenza Coronavirus. Il Fondo, quindi, è l’ammortizzatore sociale a disposizione delle imprese artigiane, da quelle del settore artistico a quelle del benessere, e garantisce loro, per questi primi mesi di emergenza, un sostegno al reddito, che li permetta di evitare licenziamenti e chiusure aziendali, soluzioni sempre dolorose per i
nostri artigiani: le imprese potranno avere tutte le informazioni contattando gli uffici territoriali di Confartigianato o l’Ente Bilaterale Artigiano della Sardegna.

Il FSBA non riguarda, invece, le imprese artigiane dell’edilizia, che potranno accedere ad un altro ammortizzatore sociale, la Cassa integrazione Ordinaria, facendone richiesta all’INPS, seguendo una procedura peraltro semplificata per via della situazione, attraverso gli uffici di Confartigianato sul territorio o il proprio consulente. A questo
proposito, la Cassa Artigiana dell’Edilizia della Sardegna, costituita da Confartigianato Sardegna e le organizzazioni sindacali regionali, potrà fornire tutte le informazioni e delucidazioni che le nostre imprese dovessero richiedere.
L’edilizia in Sardegna e l’attività della CAES (Cassa Artigiana dell’Edilizia
della Sardegna). Tutte chiuse le 22.378 imprese edili, di cui il 58,1% artigiane (13.011 realtà), che impiegano oltre 40mila addetti. Tra il 2008 e il 2017, il comparto ha perso il 34,4% della sua forza, con oltre 22mila imprese che hanno cessato definitivamente l’attività, lasciando per strada più di 45mila addetti. Il comparto ha anche subito un crollo verticale anche del
valore aggiunto: tra il 2007 e il 2016 è calato del 27,7%, corrispondente a un mancato giro d’affari di 652 milioni di euro. Infatti, se nel 2007 era di 2 miliardi e 351milioni nel 2015 è passato a 1 miliardo e 657 milioni. Nel 2017 l’incidenza sul valore aggiunto delle Costruzioni sull’economia regionale della Sardegna è stata del 5,6%.
A sostenere le imprese artigiane dell’edilizia, c’è la CAES, la Cassa Artigiana
dell’Edilizia della Sardegna che eroga una serie di prestazioni come l’accesso agli ammortizzatori sociali quali la Cassa Integrazione Ordinaria e in Deroga e l’assegno ordinario.

Le proposte per uscire dalla crisi.
Dobbiamo prepararci alla fine della “quarantena”. Per le imprese occorrono sostegno e incentivi per la “tenuta in moto delle attività produttive”, per consentir loro di restare attive anche senza poter lavorare, taglio del carico fiscale, riapertura, anche graduale, delle attività a quarantena conclusa e accesso al credito “sprint” ovvero immediata liquidità con zero burocrazia. Per la popolazione dobbiamo vedere
attentamente ciò che sta succedendo in Cina ovvero il fenomeno del “revenge spending”, letteralmente, spendere per vendicarsi, con file nei negozi per rifarsi del tempo perduto.
Ai primi posti delle cose che si vogliono fare ci sono: andare al ristorante, viaggiare, festeggiare e fare shopping. E quindi per qui proponiamo alcune soluzioni: sostegno alla capacità di spesa (come il taglio del cuneo fiscale), detrazioni al 100% per ristrutturazioni e manutenzioni, e altri bonus che possano incentivare gli acquisti o la fruizione di servizi.
“In questo momento è fondamentale un grande senso di responsabilità da parte di tutte le parti sociali – continua Matzutzi – affinché le imprese che oggi sono autorizzate ad operare possano farlo con serenità e in sicurezza, tenendo presente sempre che non possiamo permetterci oggi di arrestare del tutto il sistema produttivo se non a costo di una grave crisi occupazionale domani. Crediamo, inoltre, che vada previsto un provvedimento urgente, unico, chiaro ed inequivocabile atto che consenta ai titolari delle imprese di andare nella propria impresa per vigilare i macchinari e la sicurezza degli impianti”.
“In ogni caso per molte delle nostre imprese si fa pressante la necessità di accedere agli ammortizzatori sociali, l’unico strumento che può garantirne sopravvivenza e ripresa al termine dell’emergenza – riprende il Presidente – purtroppo sappiamo già di tanti piccoli artigiani che non sanno più come andare avanti e che stanno già andando alle mense della Caritas o saranno costretti ad accettare i buoni spesa dei Comuni. Per questo è urgente, molto urgente, che siano previsti stanziamenti dedicati a integrazione degli esistenti per sostenere le imprese. I primi dati che abbiamo in Sardegna dicono che sono state ad oggi più di 500 le imprese che hanno aperto la procedura per usare FSBA, Fondo di Solidarietà dell’Artigianato, tutelando 1.300 dipendenti attraverso l’accesso alla cassa integrazione di settore, l’FSBA, appunto”.
“Per affrontare la crisi di liquidità delle piccole imprese – suggerisce Matzutzi – come prima cosa ci sarà la fondamentale necessità di un intervento massiccio da parte dello Stato, con un forte potenziamento di risorse, per innescare un meccanismo virtuoso in cui le banche dovranno adeguarsi per consentire l’erogazione del credito agli imprenditori con istruttorie veloci e semplici”.